Mi chiamo Flavio; sono entrato nei programmi nel 1990 e frequento il Club 200 di Fiumicello.
Ricordo bene il mio ingresso al Club; la difficoltà che ho trovato nel varcare quella soglie: avevo in mente un turbinio di paure e di vergogne, mi domandavo”chi troverò ad aspettarmi? Cosa mi chiederanno,cosa penseranno di me?” a darmi forza era la speranza di risolvere quel problema che aveva creato nella mia famiglia tanti disagi, per non dire sofferenze. Tutte queste mie ansie però andavano pian piano svanendo con l’ascolto delle testimonianze delle famiglie del Club; ascoltando i loro vissuti mi convincevo di essere nel posto giusto, che il problema alcol non era solo mio, ma condiviso e questo ridimensionava quel grosso peso che mi opprimeva.
Ricordo ancora tutte quelle famiglie prodighe di consigli e di premurose attenzioni, non tanto dettate dai programmi, ma dal cuore affinché un’altra famiglia riesca a risolvere le sue problematiche ed incominci a vivere una vita migliore.
Da quella lontana accoglienza tanto tempo è trascorso, ma è ancora la matrice che ha plasmato il mio percorso, che ha permesso un cambiamento significativo,all’interno del Club, dell’Associazione, nell’ambito famigliare e per ultimo e non meno importante, nella comunità in cui vivo e porto ogni giorno la testimonianza del mio nuovo stile di vita.
Questo per quanto riguarda l’accoglienza che ho ricevuto; poi nel prosieguo degli anni ho vissuto molti altri nuovi ingressi dalla parte di chi accoglie ed ogni volta era una cosa nuova, diversa, eppure sempre uguale nel produrre emozioni forti e grandi speranze. L’esperienza e il ricordo sempre vivo dei sentimenti provati all’inizio del programma, mi auguro abbiano contribuito a rendere l’ingresso di nuove famiglie sempre più cordiale e gradevole. Questa accoglienza comunque non è da considerarsi un episodio isolato, bensì una costante nel tempo. Nel corso di tutta la nostra esistenza, viviamo un susseguirsi di “accoglienze”: dal grembo materno in poi veniamo accolti in famiglia, all’asilo e a scuola dai compagni e dagli insegnanti, dagli amici, sul lavoro dai colleghi e da tutte le persone con le quali condividiamo la nostra quotidianità. Il tipo di accoglienza, secondo me, modella a sua volta il nostro comportamento. Diventa dunque fondamentale per l’esistenza dell’uomo.
L’accoglienza si potrebbe chiamare anche “ricevimento” con tutto quello che ci suggerisce questa parola: accogliere una famiglia sofferente che ha deciso di fare qualcosa per vivere una vita migliore, io penso, meriti davvero una festa.
Le famiglie che entrano per la prima volta nel Club,secondo me. Dovrebbero essere ricevute come riceviamo a casa nostra i nostri migliori amici, facendole sentire a loro agio, mettendo a loro disposizione la nostra solidarietà, la comprensione e l’esperienza. Questo è quanto credo fermamente. Mi auguro di essere riuscito a trasmettere quello che ho provato scrivendo questa riflessione e quanto io creda in quello che ho testimoniato.
Flavio
La prima volta che ho preso parte ad una serata di Club è stata durante il Corso di Sensibilizzazione che ho frequentato nell’autunno di qualche anno fa. Ricordo bene quel lunedì: mi sentivo emozionata e un po’ tesa, come spesso succede quando si va incontro a qualcosa che non si conosce. Ricordo una stanza molto grande, le sedie disposte in cerchio, le persone del Club che accolgono noi corsisti con un sorriso. Mi siedo un po’ in disparte, mi sembra quasi di essere di troppo confrontandomi con l’atmosfera familiare che emana quel cerchio di persone. Non ricordo con precisione i diversi interventi, rimango colpita dal fatto che tutti sono preoccupati per l’assenza di un componente. Non si tratta di un Club numeroso ma tutte le famiglie parlano, discutono, con delicatezza, su cosa è meglio fare per la persona che non è presente; si capisce quanto sia importante per loro. Viene deciso che sarà una signora ad andarla a trovare, portando i saluti di tutto il Club.
Lo ammetto, rimango sorpresa dell’affetto, dalla sincera preoccupazione, dall’amicizia che traspare da ognuno mentre parla dell’amico assente. Questo pensiero e questa immagine mi riscaldano mentre rientro a casa e mo fanno dimenticare che sono affaticata dalla lunga e intensa giornata, dal viaggio di ritorno, dal venticello pungente di fine ottobre che mi coglie impreparata nei miei abiti semi-estivi. Sono trascorsi degli anni da quel lunedì sera, ma è rimasta costante, quella sensazione di calore che mi accompagna tutt’ora mentre rientro ogni sera al Club. A volte sentendomi più leggera, a volte un po’ pensierosa, ma ogni volta con la sensazione di portarmi dentro un qualcosa di nuovo e arricchente.
Una servitrice insegnante
Tema dell’Interclub di Villa Vicentina del 22/03/2013
Organizzato dal Club 34 “Per una vita libera”
Il cambiamento del legame tra me e l’alcol
Sono passati quattro mesi dall’inizio di un percorso di astinenza, non tanto per me, che non faccio uso d’alcol, ma per un mio familiare. Cos’è cambiato? Posso dire tutto: il mio mondo, la mia vita, i miei pensieri, la serenità in famiglia, ma soprattutto mio fratello!!E’ bello poterlo guardare e sentire mentre si relaziona con gli altri. Prima non apriva bocca. Ora lo osservo mentre è in compagnia dei suoi amici o a casa con i miei familiari e sorride in modo sincero e spontaneo. E’ cambiato davvero tanto in poco tempo e questo suo percorso gli ha permesso che si aprissero piccole porte per un lavoro nonostante questi tempi di crisi. In un momento difficile della sua vita le parole che spesso sentiamo e diciamo, ma non sempre vengono applicate, “gli amici si riconoscono nel momento del bisogno”, ora posso capire cosa significano. Ora più che mai voglio dire grazie a tutti questi veri amici che hanno saputo rinunciare a bere per mettersi nelle sue stesse condizioni e condividere il percorso importante e difficile che stava facendo. Lui stesso dice che sono stati fondamentali. Oggi mio fratello conta 127 giorni. Per alcuni possono sembrare pochi, ma per me, che condivido con lui ed i suoi amici questo cammino, sono tanti e mi auguro di cuore che questo numero continui a crescere e non dover mai più ripartire da zero. Non so se potete capire l’emozione che provo, sapendo che gli altri lo guardano con occhi diversi, lo ascoltano, lo stimano e lo considerano, mentre prima, a causa dei bicchieri di troppo veniva escluso quando non si escludeva da solo con il suo comportamento. Per concludere, spero davvero che la parola alcol non abbia mai più la forza di entrare nella mia vita se non per aiutare coloro che hanno bisogno. Sono convinta che se non ci fosse stato il Club i problemi di mio fratello sarebbero ancora da risolvere, grazie a queste serate ha iniziato a dialogare. Voglio dire che questo cambiamento che ho trovato in lui e in molti componenti del Club, mi fanno capire che l’alcol non è indispensabile per vivere, non risolve i problemi, e non serve per divertirsi. Sono le persone con cui cresci che ti sanno chiedere come stai, ogni giorno, senza dar per scontato che tutto vada bene, ma che ti fanno sentir bene come nessun bicchiere di vino o birra potrebbero fare.
Michela
CLUB 276-AQUILEIA “Par star mior”
La nostra solidarietà è: “oggi lo faccio, domani lo rifarò”
Diario di Cristiana – 20 luglio
E’ martedì, e come di consueto, ci ritroviamo al club. Manca il nostro servitore insegnante che ha deciso di prendersi qualche giorno di ferie. La settimana scorsa, come ha scritto Omar nel suo verbale, abbiamo avuto un nuovo ingresso (Silvana) , purtroppo stasera non sarà presente per motivi familiari. Ed è proprio con il nuovo ingresso che riaffiorano nella mia mente i tempi passati. Ripenso a come era la mia vita prima di entrare al club, un senso di malessere accompagna i miei ricordi, le giornate e le serate trascorse davanti a quel bicchiere, le bugie che ti racconti quando pensi di risolvere bevendo, i problemi della vita quotidiana, e, subito dopo, decidi che non puoi farcela, ma non è colpa tua. Ho il ricordo di una mamma che beveva e a causa dell’ alcol è venuta a mancare. Ho il ricordo di una figlia che odiava l’alcol e proprio quella bambina si era ripromessa che non avrebbe mai toccato alcol in vita sua, ma poi un giorno, purtroppo, per un motivo che ancora oggi non so spiegarmi, ho deciso di provare, come la mamma, se in quel bicchiere potevo, forse, trovare la serenità che mi mancava. Ho voluto crederci, ma la mia vita pian piano è diventata un tunnel buio, io ero sola con il mio bicchiere e tutti i miei affetti si erano allontanati. Ripetevo a me stessa che non avevo un problema , non ero un’alcolista, potevo smettere in qualsiasi momento, ma quel momento non arrivava mai e neppure l’amore per un figlio mi dava la forza di smettere e tutto peggiorava di giorno in giorno. Trovavo mille giustificazioni per ritardare la decisione di smettere di bere: l’infanzia difficile, la perdita della madre, una separazione alle spalle, tutte bugie che mi fornivano la scusa per continuare a bere. Un giorno però, qualcuno decise che non avrei più potuto prendermi cura del mio bambino e che era meglio affidarlo al mio ex marito. Neanche questo avvenimento traumatico mi aiutò ad uscire dalla mia carriera di alcolista, non vedevo vie d’uscita, solo l’alcol mi permetteva di non pensare al disastro intorno a me. Forse era proprio a questo che pensava la mia mamma quando beveva: “almeno così non penso”. Perfino il mio compagno Omar era arrivato alla frutta, era anche il mio compagno di bar, ma anche lui aveva detto basta, era impossibile stare con me! Una sera dopo l’ennesima ubriacata mi ha sbattuta fuori di casa. Seduta sul marciapiede piangevo, come fanno gli ubriachi, sentendomi sola e vuota. A un certo punto ho sentito l’abbraccio caloroso di una persona che in quel momento mi ha detto: ”ora tu hai solo bisogno di amore”, pensavo si trattasse di un angelo, alzando gli occhi ho visto la mamma di Omar. Mi ha portato a casa, si è presa cura di me come se io fossi sua figlia. Il giorno dopo mi ha parlato di sé, della sua esperienza di alcolista, mentre parlava, rivedevo la mia vita com’era stata fino a quel momento, ed è stato quando mi ha parlato del club, che ho capito che anch’io ce la potevo fare. E’ scattato qualcosa dentro di me che mi ha fatto dire BASTA, il momento della MIA SCELTA era finalmente arrivato. E così ho iniziato a frequentare il club di Villa con una gran voglia di farcela. La mia vita è cambiata, tutte le persone che mi avevano abbandonato sono tornate vicine quasi incredule del mio cambiamento. La mia forza è stata la voglia di una vita nuova e le testimonianze dei miei compagni Erta, Fabrizio, Rosa, Lucio, Lidia, Paolo, Bepi e Arianna mi hanno aiutato a vincere la battaglia contro l’alcol. Oggi vorrei urlare al mondo dei danni che può causare l’alcol, vorrei poter aiutare le persone e l’unico modo che ho per farlo è la mia testimonianza. Sono convinta che la mia mamma da lassù è orgogliosa di me, di me che ho trovato la forza di buttare giù nel lavandino quel bicchiere pieno di vino e di disperazione e sono riuscita a riempirlo di amore e di serenità. Devo dire grazie a molte persone che mi hanno aiutato in questo cambiamento, la mamma di Omar, il mio compagno e mio figlio che stanno condividendo con me il mio cammino e mi hanno tenuto per mano in alcuni momenti di difficoltà. Grazie al mio papà che ha condiviso il mio percorso al club. Grazie a tutti voi che avete dato vita a questa grande famiglia che è il club. Erano i miei pensieri di una settimana che volevo condividere con tutti voi. Arrivano Bepi e Arianna a trovarci, carichi di dolci, la nostra serata finisce con un chilo di più a testa.
INTERCLUB DI AIELLO DEL FRIULI-16 dicembre 2011
Tema: LA SOLIDARIETA’: nuovo valore nel Club e nella comunità.
Essere solidali: è, o può essere, un modo per sentirsi vicini a qualcuno. Confortare un amico in un particolare momento fisico o morale causato da vari motivi, in molti casi anche futili, cose non gravi causate da un momento di sconforto o da qualche piccolo incidente fisico che noi risolviamo con un semplice “su,su…non è poi la fine del mondo” e altre frasi banali e ritrite tipo “domani è un altro giorno” oppure “canta che ti passa…dormici sopra”, potrei continuare per molto ancora. Oppure si può essere solidali aiutando qualcuno finanziariamente: poveri, Africa, malattie, infanzia ecc…Siamo solidali quando qualcuno scende in piazza per difendere i propri diritti, il posto di lavoro, ti senti di essere solidale perché può succedere anche a te o ai tuoi figli. Terremoti, alluvioni, disgrazie sul lavoro ti danno il modo si sentire il vero significato della parola.Ma quando si è colpiti in modo tragico da un dolore immenso, tanto forte da renderlo incredibile, insopportabile, così improvviso, che ti fa alzare gli occhi e chiedere “Dio mio perché proprio a me…a noi” e ripetersi continuamente “Dio mio…non è giusto che i figli muoiano prima di noi…”… Quanti genitori hanno detto queste parole prima di noi e lo diranno dopo di noi…? E arriva la solidarietà con la “S” maiuscola; visite, fiori, condoglianze, parole di conforto e comprensione del tuo dolore. Vi starete chiedendo, perché la solidarietà con la “S” maiuscola? Vediamo momenti di solidarietà di circostanza…di esibizione aleatoria e passeggera come un refolo di vento che ti passa vicino e se ne va…Sai però che avrai sempre la solidarietà vera, forte, continua, sincera di chi ha amato e sa ancora amare, che con discrezione ti è intimamente sempre vicino; una solidarietà forte, continua, amorevole che piano piano, passo dopo passo tu puoi sentire tangibile e duratura ma soprattutto vera. A volte il dolore può essere un alibi, una scusa per cadere sempre più facilmente e profondamente nell’abisso dell’alcol, e al più piccolo rimprovero, anche se giusto, rispondi “Che ne sai tu del mio dolore?”. In quel momento non è il tuo dolore, non sei tu che parli, ma parla l’alcol e non ti rendi conto che quel rimprovero ti è stato fatto da una persona che soffre come te e anche di più. Quando ti guardi in giro e riesci a comprendere che stai rovinando tutto e che ti viene offerto un aiuto e tu lo accetti, entri in un nuovo piccolo mondo dove trovi la solidarietà scritta in stampatello maiuscolo, sincera, fatta di nuovi amici, di una nuova grande famiglia dove i loro cuori si aprono senza ipocrisia, senza ipocrisia, senza interessi e che ti fanno capire che anche tu sei utile in questo mondo; così impari ad aprire il tuo cuore, dare e ricevere solidarietà. Questo è ciò che ricevi quando entri nel CLUB. Sentire che ti si aprono nuovi orizzonti, nuove speranze ma anche una salita dura, irta di difficoltà, passo dopo passo, metro dopo metro, cadute e ricadute, sapendo però che nella nuova famiglia ci si allontana sempre più dall’alcol e ci porta ad un cambiamento interiore, ad un nuovo stile di vita, una vetta che si chiama “Sobrietà”.
Con affetto a tutti un abbraccio
Maria Grazia e Mauro